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CUBA – Ieri e oggi

Una delle prime cose che vengono in mente parlando di Cuba, è certamente la sua realtà socio-politica, per così dire, fuori dal comune. Ma non è propriamente di questo che voglio parlare, cercherò di farlo, ma  solo con i miei occhi da viaggiatore, magari un po’ curioso, con qualche opinione personale, ma solo da viaggiatore. E poi qualche itinerario, suggerimento e tanto altro.

Cuba è una delle mete dei miei viaggi che più di ogni altra ha lasciato il segno dentro di me. Ci sono stato già molte volte, in diversi periodi dell’anno, a cominciare dal 1994 fino all’ultima, in ordine di tempo, che risale a luglio 2003 e, sono certo, non sarà l’ultima.

Quando viaggi, ci sono dei posti con i quali riesci a stabilire un contatto speciale, per me Cuba è sicuramente uno di questi. Un paese ricco di contraddizioni, con una situazione economica a dir poco difficile, per non parlare di quella politica, delle libertà fondamentali e dei diritti civili dei suoi abitanti.

Dalla prima fase di apertura al turismo, risalente ad un periodo particolarmente buio, successivo alla caduta del muro di Berlino e all’affrancazione dalla ex Unione Sovietica, ho potuto constatare i cambiamenti che si sono susseguiti in questo Paese. Passando da un primo momento, in cui vacillavano le fondamenta dei suoi principi politici e la crisi economica non ha risparmiato nessuno, ad una fase in cui il rilancio dell’economia, basata principalmente sul turismo, coincide con la creazione di nuove classi sociali, anche nell’ultimo baluardo “comunista” del mondo.  La prima volta che ci andai mi colpì molto la miseria con la quale la gente doveva convivere quotidianamente, durante il periodo “especial”. Chi oggi definisce difficili le condizioni di vita di questa gente non sa come ha vissuto prima. Mi vengono in mente alcuni esempi: l’energia elettrica razionata solo per quattro ore al giorno in tutto il Paese; le strade completamente libere dalle automobili, a causa del razionamento della benzina  e dell’impossibilità per la popolazione di avere auto private; la mancanza di ogni bene di prima necessità (anche negli alberghi il cibo non era neanche lontanamente paragonabile agli standards occidentali sia per quantità che qualità); i mercati che non davano neanche l’idea di ciò che volevano essere; la gente faceva il bucato in quei grandi bidoni dell’olio di macchina, pieni di acqua, riscaldata dal fuoco e rimestati con un palo di legno; le case fatiscenti; la povertà nelle strade era di assoluta evidenza nelle sue genti, negli occhi e sulla pelle dei bambini, dei vecchi.

In questi anni la situazione è abbastanza cambiata. Da allora a oggi si è consumato quello che mi piace definire il miracolo di Fidèl, che è riuscito a restare sul “trono” quando nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla sua permanenza al potere. Dopo la “revolucion” del ’57 è riuscito anche in questa memorabile impresa. In questi anni,  pur con la permanenza del “bloqueo” (embargo), ha cambiato notevolmente il volto dell’Isla, non per convinzione ma per necessità, aprendo il suo territorio al turismo, oggi principale risorsa economica del Paese. Ha attratto investimenti stranieri (per lo più  spagnoli e canadesi) per la realizzazione di strutture turistico ricettive e per ristrutturazioni edilizie (attraverso società miste con lo Stato Cubano, ovvero in concessione, non in proprietà privata degli investitori); ha dato la possibilità ai cubani di gestire privatamente piccole strutture ricettive (paladares, casas particulares), e piccole aziende agricole; ha così portato nuova valuta pregiata,  posti di lavoro; “nuove” fabbriche.

Bisogna comunque  riconoscere a Fidèl Castro, nel bene e nel male, di essere comunque un grande protagonista della storia contemporanea mondiale. Ma i suoi interventi non sono bastati a concedere al suo popolo la libertà dal bisogno. Con l’aggravante di attuare un sistema repressivo, di negare la più semplice libertà di espressione, di calpestare i diritti civili dei cittadini. Inoltre, con la chiusura al confronto, alle nuove tecnologie di comunicazione che, evidentemente,  possono portare ad una eccessiva apertura al mondo per i cubani (Internet è sostanzialmente vietata, salvo a quei pochi che usano la rete per necessità lavorative).

Il suo sistema economico, la sua visione politica è, a mio parere, comunque antistorica: in un momento in cui l’economia, le comunicazioni, gli scambi richiedono velocità, efficienza e adeguatezza ai tempi, lui continua a viaggiare al ritmo della preistoria. Solo se avrà il coraggio, oggi, di attuare delle riforme politiche ed economiche sostanziali, il popolo cubano potrà liberarsi dai bisogni fondamentali. Gli interventi attuati finora sono stati solo sufficienti ad uscire da una fase di grave difficoltà,  a tamponare un’emorragia (anche se per un così lungo periodo). Non voglio entrare nel merito delle riforme che dovrebbe attuare, mi limito solo a constatarne la necessità, perché dove non è riuscita la politica, l’embargo, l’economia, internazionale sta riuscendo la sua politica di oggi: piegare la dignità della popolazione cubana (al cospetto del dollaro americano). Cerco di spiegarmi meglio senza essere troppo prolisso (ormai mi sono impelagato in questo discorso!).

In questa lunga fase che ho sommariamente descritto, a Cuba la moneta ufficiale continuava ad essere il peso cubano, almeno per i cubani, affiancata dal dollaro Usa come “moneta turistica”, con la conseguenza che sono esistiti “due pesi e due misure” a seconda che fosse un cubano ovvero un turista a spendere. Oggi, di fatto, il peso cubano è quasi sparito ed il dollaro è la moneta corrente per tutti, ma non per questo è cresciuto il reddito dei lavoratori cubani. La conseguenza, immediatamente percepibile, è che i cubani ormai, con il loro reddito (chi guadagna meglio arriva al massimo a 40 dollari al mese ad es i poliziotti, per altri 10 dollari), non possono far fronte ai loro bisogni primari  (anche con la “tarjeta”, assolutamente insufficiente), e sono costretti ad “inventarsi” sempre qualcosa per sbarcare il lunario.

 Chi lavora nel turismo riesce, con le mance, a guadagnare bene; chi lavora in fabbrica (ad es. fabbrica di sigari, di medicine PPG5), si “trattiene” un certo quantitativo che poi viene distribuito al mercato nero dei turisti; chi si è fatto il “paladar” o la “casa particular” sta bene; il tassista applica la tariffa ma spesso non attiva il tassametro; molte ragazze si prostituiscono con i turisti (con il placet della famiglia); e poi la droga, il mercato nero, …etc. etc.. Ma per chi vive in campagna? Il campesino vive una condizione di sottosviluppo; ma chi ha avuto la possibilità di gestirsi la piccola azienda agricola e porta il raccolto al mercato, è quello che sta maglio di tutti.

E’ questo il senso che intendo quando dico che si sta piegando la dignità del popolo cubano al cospetto del dollaro americano. Dove non è riuscita la politica è riuscito il dollaro. A Cuba, oggi esiste una differenza di classi, per certi versi ancora più accentuata che da noi, dove la differenza tra i “benestanti” e gli altri è ancora più marcata, perché riferita principalmente ai bisogni primari della gente e parzialmente sui beni voluttuari. In particolare la si tocca con mano tra chi vive in zone turistiche e chi no, tra zone turistiche e campagna, con la conseguente migrazione di tanta gente meno fortunata verso le zone più turistiche (sempre per “inventarsi” quel qualcosa che gli consente di andare avanti, ad es. la maggior parte delle “ragazze” arriva dalle campagne).

Ma, in questo contesto, com’è cambiato l’approccio verso il turista da parte della gente? Trattandosi della principale fonte di ricchezza dell’Isola è, ovviamente, tenuto in grande considerazione (sia dalle istituzioni che dalle persone). Però oggi, a differenza che in passato, dove la curiosità, la diversità, la voglia di comunicare, la scoperta, erano elementi che portavano ad avere un rapporto più sincero e spontaneo, più ricco di contenuti personali, si tende a instaurare un rapporto basato sull’ interesse. Sia ben chiaro, con ciò non voglio assolutamente né generalizzare, né sminuire quello che ritengo sia una delle cose più belle di questo posto: la sua gente; cerco solo di evidenziare come è cambiato anche il rapporto umano in conseguenza della loro necessità. Forse prima i loro bisogni  riuscivano a soddisfarli con un impegno minore, ottenere quel tanto era già qualcosa che consentiva loro di avere un minimo di tranquillità,  così potevano creare e soddisfare un rapporto umano  più vero; ora non è più così, ora le esigenze sono tali da non fermarsi mai, lavorare ed inventarsi giorno per giorno, perché niente è più sufficiente. Anche le cose voluttuarie. Riflettendo, in fondo siamo noi che abbiamo importato sull’Isla i nostri modelli, quindi…

Oggi il turista è visto dalla gente come una “oportunidad”, un qualcosa che possa far cambiare in meglio la propria vita. Sia all’interno del loro mondo, sia per cambiarla completamente. E’così che sta nascendo un nuovo fenomeno, che paragonerei ai vecchi tempi dei “boat people” (oggi praticamente scomparso anche a causa di una forte repressione del governo), quando si scappava da Cuba con qualsiasi mezzo per raggiungere Miami (fenomeno da leggere facendo le debite proporzioni). Ho la sensazione che ora il “boat” sia il turista, colui che può far cambiare la vita radicalmente ad una persona; colui che può “invitarla” e fargli vedere altri mondi; colui che può mantenerla nella sua città; il “novio” o la “novia” che può sposarla e portarla fuori dall’Isla Grande (anche in questo caso non intendo fare generalizzazioni, ci sono le dovute eccezioni, leggete tutto cum grano salis). Mi sembra che la gente cubana stia, per necessità, perdendo la sua “naturaleza”, la sua più grande qualità.

Per contro, il turista medio che si reca a Cuba (come in moltissimi altri posti), andrebbe assolutamente rieducato! E mi fermo qui… (faremo una rubrica appositamente dedicata ai modi di comportarsi durante i viaggi all’estero).

Concludendo questo mio punto di vista, anche abbastanza prolisso, credo che ancora il percorso di Cuba non sia terminato, ma sia in una fase intermedia, di cambiamento ancora solo annunciato, costretto entro limiti “politici” interni ed esterni (l’uno condizionato dall’altro). Dove da una parte (all’interno) si cerca di mantenere il sistema basato su dei contenuti irrinunciabili (ma nei fatti già qualcosa è cambiato e continua a cambiare) e dall’altro (dall’esterno) a forzarne il relativo distacco. Fra queste posizioni chi più di ogni altro ne fa le spese è il popolo cubano, ancora meraviglioso nel suo carattere, nella sua semplicità e serenità, che si trova sotto tanti profili costretto e represso, ma che comunque ha ancora tanto da insegnare sia in termini di dignità che di voglia di vivere. Continuerò ad osservare questi cambiamenti dall’interno, facendoci un salto ogni tanto. Hasta Siempre  Cuba

Caribe

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