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Pesca a fondo ai Jardin de la Reina

Sono già tre giorni che mi sto sollazzando ai Jardin de la Rejna, pescate mattina, pomeriggio e sera, pesci a non finire, il cuoco meraviglioso sta cercando di farmi ingrassare con piattini tipo: spaghettate all’aragosta, pargo asado su un letto di riso, filetti di carangide, carpaccio di cernia, cubera con maionese e molto altro.

Vedere mangiare i cubani è uno spettacolo: piazzano tutto in un piatto: riso sotto e poi avanti!!! Ci mettono sopra tutto quello che hanno a disposizione carne, pesce, verdura, formaggio, fagioli, sughi e immancabile in ogni pranzo una banana, a questa, al riso e ai fagioli non rinunciano.

Era da un paio di giorni che Fulvio, l’ex veterinario di Torino, lavoro e carriera buttata alle ortiche per venire a vivere qui come guida, stava organizzando una uscita pemeridian/notturna a bolentino.

Il giorno prima aveva preso una retata di sardine, o qualcosa di simile, e l’aveva scaraventata in un bidone; poi con un aggeggio di sua invenzione: un’elica fissata a un trapano elettrico, aveva provveduto a maciucare il tutto, spruzzando pezzi, viscere e squame di pesce per tutto il ponte rendendolo quasi inagibile.

Buena suerte che Pepe e Franco erano rimasti a Moron per quella settimana, in caso contrario, vedendo la loro tanto amata Patana riverniciata con paté di sarda, avrebbero usato Fulvio come esca per squali.

La puzza di ora in ora si stava facendo sempre più insopportabile e già incominciavano i consigli su dove buttare sia il veterinario che la sua mistura; il pensiero di dover sopportare quella schifezza sino al giorno dopo rendeva tutti un poco eccitabili e Fulvio, allo scopo di evitare un ammutinamento fu costretto a trasferirla immediatamente sulla barca che avremmo usato per il bolentino.

Ed ecco il giorno fatidico; con quello che si stava caricando a bordo si sarebbe potuto allestire un negozio di pesca: canne di tutti i tipi, casse, cassetti, cassoni di minuterie, piombi e finali già pronti pendevano appesi ad ogni dove; eravamo in sette con non meno di 21 canne già pronte con vari tipi di montature.

Finalmente si arriva sul punto prescelto: una ventina di metri di fondo; da quanto si può capire dallo scandaglio è una scarpata che finisce sulla sabbia una decina di metri più avanti; Fulvio ha già buttato un po' della sua schifezza e sta urlando le disposizioni: tutto quello più piccolo di 30 centimetri dentro la tinozza con l’acqua, servirà come esca viva; tutto il resto salvo parghi, cubere e cernie torna in acqua; le dimensioni di quelli che teniamo le decido io; sembra Nelson che da le disposizioni per la battaglia.

Poi è tutto una frenesia: si innesca, si lancia, si salpa, si bestemmia, si rompe; le mangiate sono continue, le catture meno; sembra che i pinnuti abbiano seguito un corso di mangia e frega le esche; qualche ripetente che non ha seguito le lezioni ci rimane, con gran felicità di tutti gli assatanati.

Fulvio, usando il peso della sua autorità si è appropriato della prima rubirubia salpata, l’ha innescata con una montatura a galla e l’ha filata in corrente; c’è ancora abbastanza luce per vedere un paio di schiene che gli ronzano attorno, ed ecco.... un barracuda di buona taglia attacca, forma un gorgo e va.......

Fulvio immobile, lo sguardo al filo, tranquillo come deve essere un grande condottiero aspetta il momento della ferrata. Fatta!!!! La canna si piega, la frizione gracida cedendo filo e..... addio.....se fuè: la stoica tranquillità va a farsi benedire, le saracce si sprecano; affiora l’esca tranciata a metà; un paio di dentuti continua a seguirla, si avvicinano e via, tornano e via, sembra che il pesce dimezzato non sia di loro gradimento.

Altri, vedendo lo spettacolo imitano e finalmente qualche barracuda sale a bordo per poi essere rilasciato; per lo meno, vengono rilasciati quelli che sono stati rampinati in bocca e hanno subito pochi danni, gli altri saranno destinati come cibo/attrazione per gli squali dei subacquei; portare a bordo un barracuda senza fargli danni è difficile e anche pericoloso.

Le catture di tutti i tipi e di tutte le dimensioni si sprecano, le braccia sono stanche e allora decido di tentare il colpo grosso: innesco un pargo perro di una ventina di centimetri e lo calo raso fondo; non fa in tempo ad arrivare che qualcosa di cattivo come l’aglio se ne impossessa e parte come se volesse emigrare a Miami; due strapponi per ferrare e mi appresto alla lotta, ciccia, nisba, nada il forzuto se n’è andato lasciandomi il doppio amo vergognosamente nudo.

Non sia detto che non ci riprovi: altra malcapitata esca e sono in pesca; non passa molto che c’è l’abboccata, aspetto, la lascio andare e poi ferro!!!!!!!!! Presa!!!! C’è e rimane attaccata, tira verso il fondo come un rimorchiatore; Fulvio interviene: "Bloccala! Bloccala !" Fa presto a dire, chi la ferma quella? Lo so che se si intana è finita ma se chiudo la frizione può anche rompere; forzo un po' e riesco a sollevarla di qualche metro, forse sono in sicurezza; chiunque sia non molla, strattona e tira verso casa; da come si comporta ci sono due possibilità o una cubera o una cernia; pendo più verso la cernia: è pesante ma non molto vivace, una cubera si sarebbe scatenata di più.

Finalmente, dopo molto tira e molla affiora: è una guasa, stessa famiglia delle cernie, di circa 30-40 chili, una boccaccia enorme da cui spunta a lato il mio amo, Fulvio sentenzia che è troppo grossa per cena e senza pietà mi taglia il filo; manca poco che gli faccia ingoiare la canna; volevo vederla da vicino, toccarla, sentirla e invece sto descarado mi rende orfano; se non mi trattengono lo puccio nel bidone della pastura; va bè pazienza, la lotta e il divertimento avuto non me lo può togliere nessuno; accendo una sigaretta e lo perdono.

Mentre fumo osservo i compagni di caccia, anche loro mostrano i segni della stanchezza; uno in particolare sta lottando con qualcosa di vivace che ogni tanto affiora sciacquando e si reimmerge tirandosi dietro il filo; il pover’uomo è alla canna del gas, non ha più fiato, arranca ma non vuole cedere la canna; il pesce sembra averlo capito e raddoppia gli sforzi; tutti gli altri ormai hanno riposto le attrezzature, è solo lui è in lotta; Fulvio, che non vede l’ora di rientrare, con gentile fermezza gli sfila la canna e inizia il recupero; poco tempo ed è fatta: un Serra di oltre venti chili si dibatte sul ponte; la pescata è finita si leva l’ancora e si rientra.

Sulla patana ci aspetta uno spuntino notturno, un paio di rum e a nanna; domani è un altro giorno.

Grazie Cuba.

Giordaloco

 

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