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Cuba in svendita

Carib.e - 23/11/2005

 

No, non si tratta di qualche last minute, si tratta di alcune mie personali considerazioni sulla Cuba di oggi, nate dalle mie frequentazioni dell'Isla e da quanto leggo giornalmente sul forum dei cubapraticanti. Sono solo pensieri in libertà, nessuna teorizzazione, semplicemente pensieri, che però non avrei voluto fare.

E' ormai un anno da quando sono tornato dal mio ultimo viaggio a Cuba. Da allora son cambiate tante cose, un anno denso di cambiamenti, sembra proprio una vera accelerazione, uno dei tanti controsensi di quello strano mondo, dove il tempo sembra che si sia fermato, dove la vita scorre più lentamente e i ritmi accelerano al sol sentir qualche nota musicale. Le contraddizioni degli opposti, fatti di una lentezza di fondo che si accompagnano a forti accelerazioni.

E' quanto sta accadendo anche all'interno del sistema cubano, rimasto a riposare per decenni su vecchi ideali, con diverse accelerazioni sul panorama politico internazionale e con stanca regolarità al suo interno. Oggi le accelerazioni riguardano anche la scena politica interna, fatta di cambiamenti epocali, direi. In un solo anno, c'è una grande differenza. Differenza che però ho potuto vivere solo a distanza, attraverso la voce dei cubapraticanti e dei media.

Tempo fa feci altre considerazioni sulla Cuba di ieri e di oggi, http://cubapratica.altervista.org/racconti/cuba%20ieri%20e%20oggi.htm scrissi con gli occhi da viaggiatore quelle poche righe. Parlai delle diverse facce che mi presentava Cuba nei miei vari viaggi, rimarcavo l'esigenza di un cambiamento di un sistema bisognevole di riforme, urgenti. Con le mie idee. In fondo è proprio questo che è accaduto nell'arco di quest'ultimo anno, è questa l'accelerazione impressa dal potere politico: riforme. Facile profezia, direi. Un atto dovuto per affrontare il mondo che cambia. Sulle misure non intendo spendere più di tante parole, limitandomi più che altro a seguirne gli effetti.

Così come mi limitai allora a guardare, astraendomi dagli aspetti sostanziali delle scelte politico ideologiche, anche ora ne guardo solo i risultati, visibili ai miei occhi e, come tali, fallaci. Ancora oggi non posso che manifestare un misto di ammirazione e biasimo verso il Comandante. Per il suo acume e per alcune capacità politiche indiscutibili, non posso che riconoscerne il genio; per la sostanza e gli effetti, la riprovazione.

In molti, tra coloro che hanno frequentato Cuba sin dalla sua prima apertura al turismo, si continua a sottolineare la differenza fra i tempi andati e quelli di oggi. In maniera particolare sul modo di vivere, di porgersi, di confrontarsi; sui soprusi che, ancora, un popolo si trova a subire e sui relativi cambiamenti in questi ultimi anni.

Ho l'impressione che è in atto un nuovo periodo especial, con poche affinità di quello che traghettò Cuba alla nuova era passando dal post comunismo sovietico, in fondo con una sostanziale approvazione della gente. Un periodo especial uguale solo nel nome ma profondamente diverso nella sostanza. Il primo, fatto di grandi sacrifici del popolo, doveva affrontare un cambiamento interno quale conseguenza di fattori esogeni, necessitava di reazioni speciali a situazioni altrettanto speciali, ben compresi dalla popolazione; il secondo, quello di oggi, nascente da fattori più che altro endogeni, interni, dovuti più che altro alla pochezza delle decisioni e alla esiguità degli effetti prodotti. Non nell'ultimo anno, bensì nel corso di oltre un decennio dal primo periodo especial.

Se è vero, come è vero, che verso la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo secolo, c'è stato un momento favorevole, con il raccolto della politica di apertura al mondo e al turismo in particolare, è altrettanto vero che poco o nulla è stato fatto per fare il salto di qualità e spingersi in là verso un nuovo sistema economico e politico.

Si capisce fin troppo bene che tutto è stato fatto col solo scopo di tamponare la situazione precedentemente creatasi, senza guardare al futuro o avere un disegno coerente con quei provvedimenti che, nel bene e nel male, hanno sortito effetti positivi, pensando invece a riaffermare via, via principi, tecniche e provvedimenti di altri tempi, ideologicamente lontani.

Tutto ciò, lo percepisce anche la gente. Quel popolo che è da sempre abituato ai sacrifici, alle angherie subite nei secoli, alle rivoluzioni, agli scatti d'orgoglio e a seguire quello che loro indicavano - nei secoli - il leader di turno capace di riscattarli dai più tristi e difficili momenti. Quella leadership che l'attuale Comandante vanta da oltre un cinquantennio, ho l'impressione che cominci a vacillare, non tanto nel suo carisma personale, quanto per quel senso di disagio e insoddisfazione che si coglie nella vita della gente. Quelli che prima descrivevo come i fattori endogeni e gli effetti che stanno provocando, sono alla base di quella sottile percezione della popolazione di quel senso di frustrazione che li fa guardare avanti senza ottimismo, al nuovo periodo especial.

Se questa è, l'unico collante che ancora rimane a tenere unita la nazione resta Fidèl con il suo carisma storico. Il resto è nulla. Da qui, da questo nulla e da queste insoddisfazioni, possono rinascere i germogli di nuovi moti rivoluzionari. La storia lo ha insegnato. Chi manca è un nuovo leader. Ma queste sono solo divagazioni di un pensiero, in fondo romantico, che vorrebbe veder rinascere un popolo e la sua grande dignità, finalmente libero di esprimerla.

Già allora scrissi "E' questo il senso che intendo quando dico che si sta piegando la dignità del popolo cubano al cospetto del dollaro americano. Dove non è riuscita la politica è riuscito il dollaro. A Cuba, oggi esiste una differenza di classi, per certi versi ancora più accentuata che da noi, dove la differenza tra i "benestanti" e gli altri è ancora più marcata, perché riferita principalmente ai bisogni primari della gente e parzialmente sui beni voluttuari"; oggi non è più così. Quella profonda accelerazione a cui mi riferivo nelle prime righe, sta minando la dignità del popolo non più al cospetto del dollaro Usa, che nel bene e nel male ha comunque consentito ai più di potersi barcamenare e migliorare la propria vita, bensì al cospetto della politica.

Ebbene si, proprio la politica, di quella politica che tende a riportare indietro nel tempo e nelle idee, quanto finora è stato prodotto in termini di sviluppo. Quei sacrifici per superare il periodo especial, giustificati dalla specialità delle esigenze dell'epoca, questa nuova politica tende ad annientarli, attraverso una inversione di marcia che, di fatto, disconosce quanto è stato fatto finora. E' difficile da capire per un cubano che ha dovuto sacrificarsi per anni, dover ricominciare daccapo in nuove vicissitudini con la spiegazione, mai data ma sottintesa, che ciò che è stato fatto finora, in fondo non è stato proprio esatto. Che le alleanze con gli altri paesi che vi hanno creduto, non sono poi così importanti, perché oggi, sono altri i partner privilegiati. Di veri privilegi finora non se n'è mai parlato. Oggi si. Venezuela, Cina, oggi sono i nuovi amanti di una Cuba jinetera. Così potrebbe essere vista dai suoi primi investitori e dal suo popolo. Con relativi effetti sulla credibilità della sua politica.

Ricominciare a vivere con gli apagones; vedere i propri cervelli sbarcare verso le altre nazioni, nuovi amanti di Cuba; sentire l'oppressione del regime sulla vita di ogni giorno, sulle frequentazioni, le libertà, la spesa, le varie mecaniche e arrangiamenti vari, gli amori, gli amanti, i lavori, le piccole cose di tutti i giorni che finora hanno riempito le giornate di un popolo, persino i divertimenti; e vedere alcuni stranieri privilegiati che vivono o vivranno con tutti i riguardi nella loro patria (i venezuelani in particolare), mentre loro soffrono, non crea altro che malcontento. Immancabilmente represso dal sistema. L'inserimento del CUC, in luogo del dollaro Usa (una delle poche iniziative proficue per le casse bisognevoli), la politica dell'appiattimento sociale con la forte riduzione delle iniziative private, elemento cardine del periodo especial; unita ad una serie di cambiamenti nella "scelta" dei partner commerciali stranieri; le nuove politiche sociali; la criminalità crescente; la riduzione delle poche opportunità finora esistenti; la nuova ondata di repressione, oggi stanno cambiando il volto all'Isla Grande. E' questo il cambiamento che si avverte ritornando a Cuba.

Qualcuno potrà considerarlo come un fattore positivo, condividendo le scelte politiche. La gente, credo, ben meno. Trovarsi a rivivere nuovamente tempi creduti passati; sentirsi sottratti quegli spazi di libertà che ancora riuscivano a sentire propri, rivedere nuovamente la propria vita al ribasso; sentire il fiato della repressione sul proprio collo, tutto questo abbatte la grande ricchezza di un popolo fiero: la dignità. La dignità di un popolo in svendita per mantenere una leadership politica che non ha la forza, il coraggio, di pensare ad un cambiamento fatto di libertà e di diritti civili riconosciuti alla sua gente; e di democrazia ed autodeterminazione del popolo cubano. Tutto per una politica che sente di dover avere sempre qualcuno a cui aggrapparsi, una stampella per la vecchiaia, quale nuovo sostituto di un primo grande vecchio amore ormai passato (l'ex Unione Sovietica), che ha avuto la capacità di rinnovarsi, per mantenere il primato politico di lidèr maximo, oggi senza coraggio.

Ci sarà un nuovo "lìder" capace di restituire alla gente di Cuba il suo vero sorriso?

 

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